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Come è fatto un antifurto? Dalla centrale di controllo agli avvisatori, ecco cosa non può mancare

30 Ago 2017 | Impianti di allarme

fonte immagine: http://bit.ly/2x4iYhl

 

Abbiamo già visto come allarmi e sistemi di sicurezza siano in continua evoluzione: fino a pochi anni or sono, per esempio, era praticamente impossibile pensare a un nebbiogeno, che oggi invece è una tecnologia di uso sempre più comune, di installazione sempre più economica e di efficacia sempre più alta – come abbiamo già visto.

La base di tutti gli antifurti domestici, però, è sempre la stessa e si fonda su cinque “pilastri”:

  1. centrale di controllo
  2. organi di comando
  3. sensori
  4. connessioni
  5. avvisatori di allarme

Questi elementi possono assumere forme diverse, ma sono presenti in qualunque sistema: andiamo allora a scoprire come è fatto un allarme “scomponendolo” punto per punto, in modo da offrire a chiunque voglia installarne uno nella propria abitazione un’idea più chiara e consapevole.

 

Centrale di controllo

E’ “il cervello” di qualsiasi antifurto: è lei che decide di far suonare (o meno) le sirene e far partire (o meno) le telefonate quando vengono violate zone controllate dai diversi sensori (ammesso che l’impianto sia inserito…).

La centrale di controllo contiene anche un alimentatore e una batteria tampone:

il primo è collegato alla rete elettrica, permette il funzionamento dell’allarme e deve essere in grado di isolare il sistema dagli sbalzi di tensione che potrebbero innescare dei “falsi allarme”;

la seconda entra in funzione quando si verificano interruzioni, anche prolungate, nell’erogazione della corrente (che possono anche essere causate dall’intervento delle protezioni elettriche che abbiamo in casa come relè magnetotermici, salvavita, etc.)

La batteria dell’allarme viene ricaricata dall’alimentatore quando questo ritorna in funzione, ma proprio per la peculiarità del suo funzionamento deve essere verificata (e spesso sostituita) da un installatore ogni 3/4 anni per essere sempre all’altezza della situazione.

La centrale di controllo è anche quella che provvede all’alimentazione dei sensori (di cui parleremo presto).

La situazione ideale è quella per cui a ogni sensore corrisponde un circuito di ingresso nella centrale di controllo: in questo modo, infatti, è più semplice capire immediatamente dove si è generato un allarme (mentre diventa complicato se su un circuito di ingresso confluiscono le attività di più sensori).

 

Organi di Comando

La centrale di controllo di ogni antifurto ha un organo di comando, ossia una chiave difficile (o meglio ancora, impossibile) da riprodurre che rappresenta, in sostanza, l’interruttore che attiva o disattiva il sistema.

La chiave può essere meccanica, la soluzione più semplice ed economica (ma anche facile da riprodurre e, quindi, disattivare), oppure elettronica e digitale, quando è in grado di comunicare con la centrale attraverso codici binari criptati.

Ancora esistono delle chiavi virtuali, come i codici numerici che vengono introdotti usando la tastiera, e dei radiocomandi, chiavi elettroniche particolarmente evolute che nei modelli più recenti sono praticamente impossibili da intercettare e decifrare per i ladri mentre offrono alle persone la comodità di poter inserire o disattivare l’allarme anche senza essere fisicamente vicine alla centrale di controllo.

Ultima frontiera come organo di comando dell’antifurto è la gestione tramite applicazioni per smartphone: grazie a queste app, infatti, possiamo gestire e verificare il buon funzionamento del sistema tramite il nostro caro cellulare dovunque ci troviamo.

 

Sensori

I sensori possono essere di due tipi: perimetrali e volumetrici.

Nel primo caso si tratta principalmente di contatti magnetici che vengono installati sui serramenti, a vista o (nelle versioni più evolute ma anche leggermente più costose) a incasso. Quando l’allarme è attivato, l’apertura di uno o più di questi contatti magnetici fa scattare la sirena ed eventuali altri dispositivi collegati.

Questo è solo il più comune e diffuso, ma non è certo l’unico sistema di sensori perimetrali esistente: ci sono infatti anche quelli a filo, che vengono installati sugli avvolgibili, e quelli “di vibrazione”, che sono in grado di rilevare una forzatura.

Ancora, tra i sensori perimetrali ha un ruolo importante pure il microfono selettivo, ossia in grado di captare il rumore della rottura di un vetro facendo scattare l’allarme.

I sensori volumetrici sono invece capaci di rilevare dei movimenti all’interno di uno spazio tridimensionale, basandosi su una tecnologia a microonde o su un infrarosso passivo. Questi sistemi non sono pericolosi per la salute, anzi hanno un ruolo sempre più determinante nello sventare i tentativi di intrusione e di furto.

Dal momento che si basano sulla rilevazione del movimento in uno spazio, i sensori volumetrici possono dare dei falsi allarmi quando non vengono installati correttamente o tarati in maniera adeguata: quante volte abbiamo sentito raccontare di un allarme scattato per il passaggio di un gatto, o di un uccellino?

Per limitare al minimo questa eventualità sono stati introdotti anche dei sistemi basati su sensori a doppia tecnologia, in cui l’allarme si attiva solo quando entrambi i sensori combinati rilevano un tentativo di intrusione.

 

Connessioni

Servono per far “dialogare” i sensori con la centrale di controllo. La connessione può essere “filare” (via cavo) oppure “via radio” (wireless, senza fili).

Qual è tra le due l’opzione migliore? La risposta, ancora una volta, è “dipende dalla situazione”: chi sta ristrutturando casa o realizzando una nuova costruzione non avrà difficoltà a posare delle canaline dentro cui far passare i fili necessari, dunque potrà prediligere le prima soluzione.

Per contro, chi non vuole o non può mettere mano alla struttura della propria abitazione, con un sistema senza fili evita interventi di muratura e soluzioni che possono anche essere poco estetiche, affidandosi a una tecnologia senza fili basata sul contatto radio.

 

Avvisatori di allarme

O, come più comunemente conosciuti, sirene e combinatori telefonici 😉

La sirena è sicuramente la parte più nota dei sistemi d’allarme: chi non ne ha mai sentita suonare una?

Molto spesso chi non si affida a un installatore professionista di impianti d’allarme rischia di scegliere una sirena non adeguata alle esigenze della propria abitazione.

E’ infatti bene prediligere una sirena esterna quando si vive in una zona molto abitata, in modo tale da attirare l’attenzione delle persone nei paraggi; per le ville isolate, invece, spesso si dimostrano più efficaci le sirene interne, per il loro potere stordente del ladro.

Sempre più spesso, poi, a un allarme con sirena viene associato un combinatore telefonico, che è in grado di avvisare il proprietario del sistema antifurto del fatto che c’è un’intrusione in corso.

Il combinatore invia un messaggio (via SMS e/o telefono, a seconda delle impostazioni) ai numeri di telefono che ha in memoria, partendo dal primo della lista e poi via via a tutti gli altri fino a quando non ottiene risposta.

E no: a meno di impostazioni particolari non avvisa subito i Carabinieri, come abbiamo visto nel nostro approfondimento dedicato ai “falsi miti sugli antifurti”.

Il nostro approfondimento su “come è fatto un antifurto” si conclude qui, senza la pretesa di essere esaustivo perché – come accennato – ogni sistema di allarme ha delle peculiarità che si basano anzitutto sulla conformazione dell’ambiente da proteggere.

Proprio per questo, se volete approfondire ulteriormente l’argomento e scoprire la soluzione più adatta per la vostra realtà vi invitiamo a contattarci con fiducia: i nostri installatori sono a vostra disposizione per un confronto e per fornirvi tutte le indicazioni di cui avete bisogno per mettere in sicurezza ciò che avete di più caro.